Avvicinare i più piccoli al concetto di solidarietà

Non è mai troppo presto per avvicinare i più piccoli al concetto di solidarietà. E così i nostri volontari dopo aver fatto visita ai ragazzi delle Scuole medie Guidotti (clicca qui per leggere il loro racconto) e del Corso per volontari della Cooperazione (qui l’articolo della nostra “inviata speciale”), hanno visitato i bimbi della Scuola Materna San Gemignano di Cognento e della Scuola Primaria S. Agnese di Modena. Ecco il racconto di Daniela e Franco…

 


 

GIOCATTOLI DA MODENA AL MADAGASCAR: L’IMPEGNO DEI BIMBI DELLE MATERNE S. GEMIGNANO

di Daniela Zecchi

 

scuola3All’inizio di marzo Elena, la direttrice della Scuola Materna San Gemignano di Cognento, mi contatta per chiedere se eravamo disponibili, come Associazione, a partecipare a un progetto che vedeva coinvolti i piccoli ospiti della scuola. L’idea era convincere i bambini a rinunciare a un proprio giocattolo per regalarlo ad altri bimbi meno fortunati, raccontando come vivono e come giocano i loro coetanei in una parte del mondo relativamente lontana.

Il 21 marzo io e Franco ci siamo presentati, muniti di proiettore, fotografie, tante immagini e parole nella mente, ma soprattutto molto emozionati perché ad un certo punto abbiamo realizzato che non sarebbe stato facile parlare a dei bambini così piccoli di una realtà difficile, dura, che doveva coinvolgerli ma non certo turbarli.
Già quando li abbiamo visti arrivare, insieme alle tate, tutti in fila, il cuore ha iniziato a battere più velocemente, piccoli angeli di 3, 4 e 5 anni con occhi vivaci e curiosi ai quali dovevamo insinuare o meglio stimolare il seme della solidarietà e della fratellanza che io credo viva in ogni piccola creatura.
Poi tutto è stato semplice, perché i bambini sempre ce lo insegnano come -quando ci si lascia trasportare dall’entusiasmo e dalla passione- tutto trovi la sua giusta collocazione e diventi naturale.

scuola4Hanno guardato le foto dei bambini malgasci che dormivano in ambienti spogli e malsani quando non addirittura per strada, che mangiavano il riso, che giocavano per strada rincorrendo un palla fatta di stracci e corda. Poi ancora le foto dei bimbi con i piedini e le gambe deformati che aspettavano fiduciosi l’operazione che li avrebbe aiutati e poi quelle dopo l’intervento, dove gli stessi bimbi erano sorridenti e felici di poter correre come tutti gli altri.
Hanno voluto rivedere il video una seconda volta, lo avrebbero rivisto volentieri una terza, poi molti di loro hanno alzato la mano e si è virtualmente creato il lungo elenco delle cose che avrebbero voluto fare e donare tra cui anche oggetti improbabili, come un letto o una cucina, ma che davano l’idea della loro grande sensibilità.

Sarà un nostro impegno portare, un poco alla volta, tutti i giocattoli raccolti ai nostri bimbi malgasci e documentare la consegna con fotografie e filmati.

E’ stata una bella esperienza, vissuta con emozione da grandi e piccini, che ha lasciato il desiderio di continuare a incontrarci ogni tanto per collaborare tutti insieme in quello che dovrebbe essere un progetto di vita, allargare quel senso di appartenenza gli uni agli altri, e i bambini in questo sono maestri.

 


 

AIUTARE GLI ALTRI PARTENDO DALLA CONOSCENZA DEL NOSTRO “ORTICELLO”

di Franco Zanasi

 

Sta proseguendo l’impegno di portare la testimonianza di noi volontari all’interno delle scuole di ogni ordine e grado, un’iniziativa che, visti i risultati ottenuti, la nostra associazione ritiene molto importante. Questa volta abbiamo “abbassato il target” –o per meglio dire l’età- dei nostri interlocutori: due classi di 4^ elementare delle scuole S. Agnese che abbiamo incontrato lo scorso 13 marzo.

scuola1Pensavo di trovarmi davanti una realtà molto diversa rispetto ai ragazzi di terza media che avevo incontrato in un incontro precedente, pensavo di incontrare ragazzini impreparati ai problemi della Cooperazione Internazionale –sono così piccolo, mi ero detto!- ma non è stato così: i giovani riescono sempre a sorprenderci.

Ovviamente il progetto Modena Chiama Mondo -promosso dall’Ufficio Cooperazione del Comune e organizzato e condotto dalla Cooperativa La Lumaca- aveva già fatto un buon lavoro di preparazione e di conoscenza, e noi volontari ci siamo trovati di fronte ad una platea ben consapevole del problema che investe i paesi del sud del mondo. La dimostrazione più bella l’abbiamo avuta dalle domande pertinenti che i ragazzi ci hanno fatto al termine della presentazione che abbiamo effettuato per far conoscere l’operato della nostra associazione in Madagascar. Ve ne propongo qualcuna, come spunto di riflessione e soprattutto come testimonianza che questi ragazzini saranno pure piccoli, ma con cervelli già ben pensanti (e attenti): il futuro, nelle loro mani, non deve farci paura, anzi…

• ma se non hanno l’acqua come noi nelle case, possono bere l’acqua dei fiumi? Forse no, perché l’acqua dei fiumi non è pulita e può portare delle malattie e allora come possono fare? Ci vorrebbero dei pozzi di acqua potabile.
• Abbiamo visto nelle foto solo delle risaie, ma non coltivano altri cereali come il grano? Mangiare solo riso non fa bene alla salute.
• Se la luce elettrica esiste solo nelle grandi città, quanto dura per loro la luce del giorno per lavorare?
• Se non hanno l’acqua che per noi è la cosa più importante, come fanno a lavarsi e a lavare i loro vestiti?
• Le scuole sono obbligatorie e gratis come da noi? Hanno libri e quaderni?
• La gente vende la merce per strada, non ci sono i supermarket come da noi per fare la spesa?
• Non abbiamo mai visto tanti bambini con problemi di gambe e piedi storti: gli interventi chirurgici sono gratis? Ma se non hanno le medicine, li operano senza anestesia?
• Ma noi, cosa possiamo fare per aiutarli?

E’ interessante vedere come, partendo dalla concezione che ciascun bimbo ha del proprio mondo (e da quello che per noi, qui, è normalità, come può essere un supermercato o la sanità gratuita), ci si muova per capire come funzionano le cose “lontano” da noi: osservare qui per capire quello che accade la, osservando l’altro nelle differenze ma anche nel tentativo –e nella volontà- di essere d’aiuto.

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