Il tuo 5xMille per la missione chirurgica

L’esperienza vissuta da una volontaria

Non mi dimenticherò mai la settimana della missione chirurgica, mi ricorderò di tutto ciò che ho visto e provato, dei bambini e delle persone che ho conosciuto. In particolare, Francesco, Cimino con il suo vissuto e la sua esperienza, è stata una guida e un punto di riferimento in questa avventura.

Sono stati fondamentali i vari momenti di confronto nel corso delle giornate, che mi hanno permesso di comprendere meglio non solo il contesto della missione chirurgica, ma anche del Madagascar più in generale.

La programmazione della missione è meticolosa e parte due mesi primi suddivisa in diverse tappe:

1 – Preparazione dei materiali

All’inizio di novembre abbiamo cominciato a redigere una tabella, sulla base di quanto comunicato dai dottori, dei bisogni effettivi di consumabili e medicamenti per la missione chirurgica che si sarebbe tenuta a gennaio. Ancora non sapevo molto della missione chirurgica, se non ciò che ci era stato introdotto durante la formazione specifica a Modena, e cioè che l’obiettivo è quello di correggere le malformazioni degli arti inferiori in alcuni bambini, causate soprattutto dalla malnutrizione delle madri durante la gravidanza.

Il periodo di preparazione non è stato semplice: si trattava di materiale a me sconosciuto, e ricercarlo nello stock del Rex, dove in alcuni casi era classificato con una denominazione diversa, ha occupato diverse mattinate di lavoro. Il timore, nei giorni che hanno preceduto la missione, era concentrato sul materiale, che non fosse corretto e completo di tutto il necessario, sulla sua organizzazione una volta arrivati sul posto,

2 – Viaggio per raggiungere l’ospedale

E poi il giorno tanto atteso è arrivato: una domenica mattina presto di fine gennaio, con tutto il materiale stipato in macchina e la carica giusta per un’esperienza unica, abbiamo lasciato Fianarantsoa in direzione Ioshy. Il viaggio lo riassumerei in una parola: maestosità. Un paesaggio incredibile di rilievi e massi rocciosi enormi, imponenti, che si stagliavano tra il verde delle risaie e il rosso tipico della terra malgascia.

3 –Allestimento del reparto

Una volta arrivati all’ospedale di Ioshy, è iniziata la preparazione dei letti per i bambini e dei ferri chirurgici per le operazioni. Una delle situazioni tanto temute si è purtroppo avverata, per ben due volte: mancavano le cerate per i letti e le viti per i ferri. Insomma, non un bell’inizio. Sono rimasta colpita da come queste mancanze sono state affrontate: dopo l’iniziale incertezza, senza scenate di panico o di “caccia” al responsabile, ci si è subito messi all’opera per trovare una soluzione con il materiale a disposizione.

4 – L’arrivo dei bambini

Avevano la forza di giocare di sorridere di ridere

(I bambini non sono accompagnati da genitori )

Il primo momento di grande impatto da un punto di vista emotivo è stato l’arrivo dei bambini: nonostante le malformazioni che non permettevano loro una perfetta mobilità degli arti inferiori, avevano la forza di giocare, di camminare e anche di correre, per quanto possibile. Ma, soprattutto, di sorridere e di ridere, con una risata che non avevo mai sentito prima e che mi ha lasciato un segno dentro: non bastano le parole per definirla, posso solo dire che era una risata piena, vera, pura, che veniva dal profondo, una risata di cuore, davvero.

Con l’inizio delle visite ai bambini e delle operazioni, mi aspettavo momenti di trambusto, magari anche di confusione, di agitazione. E, invece, ancora una volta, sono rimasta sorpresa. Nelle stanze di degenza dei bambini regnava la calma: i bambini erano tranquilli, giocavano tra di loro, coloravano, disegnavano ed erano totalmente presi dai cartoni animati al computer.

5 – In sala operatoria gli interventi

Anche in sala operatoria tutto si svolgeva in modo tranquillo, silenzioso. Contrariamente a ogni previsione, l’ho visto in prima persona, perché mi sono fatta coraggio e sono entrata in sala operatoria. Vedere i chirurghi e gli infermieri mentre operavano e poi alla fine dell’intervento i due gessi delle gambe, finalmente dritte, è stato incredibile. Ho sentito di aver assistito a un momento che ha cambiato, per sempre e per il meglio, la vita di quei bambini.

Così come l’ambiente della sala operatoria era silenzioso, anche il dolore dei bambini era silenzioso. Mi ha profondamento commosso il pianto di dolore di un bambino dopo l’operazione: se non avessi visto le lacrime scendere copiose dai suoi occhi, non avrei mai detto che stesse piangendo. Era un pianto silenzioso, i singhiozzi non si percepivano nemmeno, non si sentivano. Accanto a lui, un altro bambino, anche lui già operato e sicuramente dolorante, che cercava di farlo ridere e di farlo divertire. Quanta forza in così tanto dolore, quanta forza in due bambini che da soli stavano affrontando l’operazione che gli avrebbe cambiato la vita.

Pensando a me stessa, a come mi lamento quando sento anche solo un minimo dolore e a come ogni minimo problema di salute mi crei in uno stato di ansia immotivata, mi sono resa conto proprio in quel momento di quanto sono fortunata, senza una ragione o un merito,

6 – Dall’ospedale al Preventorium

Dopo l’atto operatorio sono necessari diversi mesi se non anni di fisioterapia agli arti operati per arrivare  una buona funzionalità. Serve un luogo attrezzato per la riabilitazione ma anche idoneo alla residenza dei piccoli. Il Preventorium di Mahasua risponde a queste necessità.  

Un tassello significativo di questa esperienza è rappresentato quando abbiamo accompagnato i bambini  a Mahasoa, mi è parsa come un’oasi in mezzo al nulla e lascia senza parole che tutto ciò sia stato realizzato in quel contesto ho trovato:

  • La casa con gli ambienti idonei alla residenza dei bambini
  • La sala attrezzata dove i piccoli fanno fisioterapia
  • Il laboratorio dove vengono realizzate e sistemate le scarpe su misura, e tutti gli ausili necessari.
  • L’ambulatorio
  • La farmacia
  • I pannelli fotovoltaici che garantiscono l’elettricità al nuovo laboratorio per la lavorazione della moringa.

Dopo la visita a Mahasoa, è cambiata sicuramente la mia percezione di ciò che è impossibile, e gli spazi del possibile si sono allargati.

Possibile non significa facile, veloce, a portata di mano, ma qui ho capito che la forza di volontà e la perseveranza, quando si vuole aiutare il prossimo in difficoltà, possono portare davvero lontano.

Non mi dimenticherò mai la settimana della missione chirurgica, nel bene e nel male. Mi ricorderò di tutto ciò che ho visto e provato, dei bambini e delle persone che ho conosciuto. In particolare, Francesco, Cimino con il suo vissuto e la sua esperienza, è stata una guida e un punto di riferimento in questa avventura. Sono stati fondamentali i vari momenti di confronto nel corso delle giornate, che mi hanno permesso di comprendere meglio non solo il contesto della missione chirurgica, ma anche del Madagascar più in generale, come mai era capitato con nessuno prima di quel momento.

Se vuoi aiutare questi bambini che ogni anno aumentano di numero puoi contribuire sottoscrivendo il 5xMille

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