Un parto gemellare immerso nella Foma Malagasy

Due gemelli ed un parto difficile da gestire. Il racconto della nostra volontaria, Claudia…

Claudia

 


 

Rasoa con il suo bambino al dispensario.
Rasoa con il suo bambino al dispensario.

Ciao a tutti
gli ultimi 2 giorni (27 e 28 ottobre) sono stati intensissimi… domenica avevamo in travaglio una donna, Rasoa, una gravidanza gemellare e già all’8° bambino, tutti maschi e ora ne arrivavano altri 2… il travaglio era stentato e lei stremata per il pancione enorme. Rasoa era arrivata alle dieci di mattina ed era a dilatazione 6/7 cm…dall’eco avevo visto che il primo bimbo a sinistra era cefalico e il secondo a destra podalico.
La dilatazione stentava a progredire e ci siamo un pò allarmati; io ho pensato: “gemelli, uno podalico, già partorito 7 volte….è un caso a rischio e siccome le cose non andavano benissimo abbiamo parlato alla famiglia dicendo loro che era meglio andare all’ospedale per un cesareo”. Tutti i parenti hanno però rifiutato perché non avevano i soldi per fare l’operazione e se li avessimo mandati via probabilmente sarebbero andati da qualche matrona. Così decido di prendermi il rischio e fare tutto ciò che potevo per farla partorire bene….inizio la flebo di ossitocina a mezzogiorno e alle 15 era completa. In tutte queste ore ne abbiamo fatte di tutti i colori per aiutarla… le posizioni, la sedia e l’acqua calda, e poi sono subentrate le donne che l’hanno accompagnata e che hanno iniziato a fare i loro riti per loro molto importanti…qua le chiamano FOMA MALAGASY… cioè cultura malgascia. Sono riti molto molto utilizzati, questi, soprattutto in occasioni cosi importanti come il travaglio e parto, la nascita, la morte, il matrimonio, i funerali ecc…
Rasoa ha dunque iniziato a bere e sputare nel bicchiere, poi ad asciugarsi il viso con un paio di pantaloni e gettarli a terra. Intanto le donne legavano il lambaoany (il loro telo tipico simile al pareo) facendo dei nodi per poi slegarlo sopra la pancia della donna… insomma era un cinema… poi verso le 16 è nato il primo bambino, è andato tutto bene… appena staccato il bambino dalla madre, secondo la cultura vuole malgascia, non ho toccato il moncone ombelicale chiudendolo con clamp o filo, come si fa da noi!- ma l’ho lasciato aperto, senza disinfettarlo nè lavarlo, aspettando che la mamma ci sputasse sopra acqua fresca!! Veramente uno spettacolo vedere tutte queste cose e poi scoprire che non usciva sangue dal cordone e sembrava tutto apposto!

E poi abbiamo iniziato ad aspettare…

Ma il secondo bambino proprio non voleva uscire,… aspetto e aspetto, ed ecco che esce un piede, poi l’altro, e dopo molti minuti esce il corpo, ma in una posizione veramente anormale anche per il podalico: invece che avere il dorso all’insù ce l’aveva all’ingiù! Cosi era impossibile fare le manovre che insegnano per assistere al parto podalico, quindi, provo ad adattarmi alla situazione: cerco le braccia per fare in modo di ruotarlo, ma le braccia erano serrate sopra e non riuscivo ad agganciarle. Decido allora di forzare e tirarle giù in qualunque modo perchè il bambino stava soffrendo e probabilmente stava morendo –come dimostravano le pulsazioni del cordone ombelicale, mezzo fuori, molto rallentate. Riesco a prendere la prima mano e poi la seconda, ma passano ancora molti minuti. In tutto questo tempo eravamo per terra immersi in un lago di sangue e sudore, con le parenti, che poco prima facevano i riti malagasy, che ora tenevano la schiena, la testa e le gambe della partoriente ed erano in un silenzio tombale ed immobili…; io invece ero inginocchiata davanti alla donna con la fronte grondante di sudure, le ginocchia immerse nel sangue e le palpitazioni.
Alla fine esce non so come il bambino, era grosso, ma non respirava. Abbiamo iniziato la rianimazione ma non c’era battito e mi accorgo subito che aveva una malformazione del cranio…mancava un pezzo dell’ osso parietale di sinistra. Sicuramente il bambino ha sofferto molto per il parto ma era anche sfavorito dalla sua malformazione. Insomma purtroppo non ce l’ha fatta.

Rasoa era stremata ma stava bene.
Credo sia stata una delle esperienze più dure che abbia mai vissuto e credo che a volte prendere certe decisioni sia difficile, soprattutto quando influiscono sulla salute e sulla vita delle persone. Non si sa mai quando si fa la cosa giusta e magari non c’è proprio un giusto e uno sbagliato ma tutto è relativo e dipende dalla cultura e dal luogo e dal momento in cui ci si trova.
A presto, Claudia.

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